Carico

Da TecnoLogica.

Consulta TecnoLogica solo dopo aver letto le avvertenze!
logo Questa pagina contiene una o più parti ancora in corso di compilazione. Queste sono segnalate dalle diciture da compilare e/o da completare.

I contributori si impegnano a rendere disponibile e completo il lemma nel più breve tempo possibile.

Azione meccanica che grava su una struttura o su una sua parte, ed in grado di provocare al suo interno delle sollecitazioni di tensione.

Possono osservarsi:

Descrizione

Le strutture devono resistere a due tipi di azioni: meccaniche e geometriche. Il termine tecnico che si utilizza per distinguere le azioni strutturali rispetto ad altri generici agenti che possono essere presenti è quello di carichi.

Carichi meccanici

I carichi meccanici sono originari da forze applicate a parti della costruzione. Queste possono essere concentrate in un unico punto o distribuite su una lunghezza o su una superficie. L’unità di misura è il newton (N) o i suoi multipli: un newton è pari a circa cento grammi (101,972 gr), per cui:

10 N ≃ 1 kg,
1 kN ≃ 100 kg,
10 kN ≃ 1 tonnellata.

Le forze distribuite su una lunghezza sono espresse solitamente in kN/m.

Le forze distribuite su una superficie sono delle pressioni, la cui unità di misura è il pascal: 1 Pa = 1 N/m2 ≃ 0,1 kg/m2. Dato che, vista l’entità delle forze presenti, il pascal è decisamente troppo piccolo per essere utilizzato, nella pratica sono più frequenti i suoi multipli: megapascal (MPa) e gigapascal (GPa), dove:

1 MPa = 1 000 kPa = 1 000 kN/m2 = 1 N/mm2 ≃ 10 kg/cm2

1 GPa = 1 000 000 kN/m2 = 1000 N/mm2 ≃ 10 000 kg/cm2.

Dal punto di vista algebrico, le forze sono enti vettoriali in quanto dotati di intensità, direzione e verso. Sono solitamente rappresentate utilizzando dei segmenti orientati (frecce): la loro lunghezza rappresenta l’intensità, la retta su cui giacciono è la direzione, mentre la punta indica il verso.</br> Una forza viene tipograficamente indicata utilizzando una lettera maiuscola sottolineata: F̲; questo permette di distinguerla da un’entità non vettoriale (scalare), che di solito viene rappresentata da una lettera minuscola corsiva: a.

L’intensità di una forza, cioè l’entità numerica scalare ad essa associata, si indica inserendo due barre verticali: |F̲|; in alternativa, quando tale scelta non genera confusione, si può utilizzare la medesima lettera corsiva: F.

Le forze vengono di solito raggruppate in due categorie in funzione della direzione: verticali e orizzontali; quelle oblique possono essere sempre considerate come somma delle prime due.

Le forze verticali sono quelle preponderanti, in quanto gran parte dei carichi meccanici è dato dal peso degli oggetti presenti nella costruzione (compreso quello proprio della struttura), dovuto all’attrazione gravitazionale: per tale motivo il verso positivo dei carichi verticali è in basso. Le forze orizzontali, dette anche spinte, sono l’effetto di particolari azioni, dovute dal vento, dal terreno (per le strutture contro terra), dai fluidi (quando racchiusi in cassoni), dai sismi (durante le scosse ondulatorie di terremoto), da parti della struttura che si appoggia alle altre trasferendo forze inclinate (appunto dette spingenti).

Come suggerisce l’esperienza comune, quando si applica una forza ad un oggetto, questo comincia a spostarsi secondo una direzione ed un verso concordi alla forza stessa, traslando. Se invece occorre ruotare l’oggetto, allora bisognerà applicare due forze uguali per intensità, parallele per direzione e di verso opposto. Queste due forze vengono dette coppia: a volte, una coppia viene rappresentata con una freccia curva che ‘gira’ in senso orario o antiorario, in modo concorde alle due forze.

Se la traslazione dipende dall’intensità della forza (maggiore è l’intensità, maggiore sarà l’accelerazione impressa), così la rotazione dipende dal prodotto tra l’intensità delle forze e la distanza che le separa. Questa distanza prende il nome di braccio della coppia; il prodotto tra forza e braccio è detto momento. Detta cioè F l’intensità di una delle due forze della coppia, e d il braccio, il momento avrà intensità pari al prodotto F d e segno positivo se la coppia è antioraria.

L’unità di misura del momento è il newton per metro (N m) e suoi multipli; quando viene impropriamente espresso in chilogrammi per metro, tale unità di misura viene anche pronunciata chilogràmmetro (kgm). Sarà quindi:

10 N m ≃ 1 kgm
10 kN m ≃ 1 ton m.

È facile capire che un medesimo momento è esprimibile attraverso infinite coppie in quanto sono possibili infinite combinazioni di forze F̲ e bracci d il cui prodotto restituisca un particolare valore |M̲|: scelta infatti una arbitraria intensità F, potrà determinarsi d = M/F o, viceversa, stabilito un qualunque braccio d, si otterrà F = M/d.

Dal punto di vista algebrico, anche il momento è un vettore ortogonale al piano che contiene la coppia, il cui verso è posto dal lato in cui la coppia appare antioraria. Per evitare di confonderlo con una forza, il vettore momento si rappresenta con una freccia a due punte; se occorre sommare due momenti, sarà possibile farlo sommando vettoriamente i vettori che li rappresentano. Al contrario, non è possibile utilizzare la somma vettoriale per sommare una forza con un vettore; se occorre stabilire la risultante tra una forza F̲ ed un vettore M̲ si dovrà operare nel seguente modo:

  1. rappresentare il momento con una sua coppia equivalente, ed in particolare con quella in cui le forze hanno intensità pari alla forza F̲ con cui M̲ si deve sommare;
  2. posizionare la coppia trovata in modo da contrapporre alla forza F̲ una delle due forze della coppia, allo scopo di annullarle reciprocamente;

l’unica forza ‘superstite’ sarà la risultante (cioè il risultato) della somma tra F̲ ed M̲. Si può notare quindi che quando ad una forza F̲ si applica un momento M̲, l’effetto che si ottiene è quello di spostare la forza di una distanza d = M/F. Il lato verso il quale si sposta F̲ dipenderà dal segno di M̲, cioè dal senso (orario o antiorario) della coppia.

Se, quindi, su un punto A di un corpo è applicata una forza F̲, l’effetto che questa provoca su un altro punto B del medesimo corpo sarà di una uguale forza F̲ e di un momento M̲ tale che M̲ = F̲ x AB. Il momento che ‘appare’ nel punto B, servito a ‘trasportare’ F̲ da A a B, viene appunto detto momento di trasporto.

Carichi geometrici

I carichi geometrici sono le azioni, di natura diversa da quella meccanica, tali da provocare lo spostamento di una porzione della struttura: se tale spostamento, che può essere tanto una traslazione quanto una rotazione, non trova alcun impedimento, allora si compie senza alcun effetto; se invece viene contrastato, allora provoca un effetto di natura meccanica detto autoequilibrato.

Per fare un esempio, si consideri una barra metallica agganciata ad un’estremità ad una parete, con l’altra libera. Se la barra di lunghezza L viene riscaldata, allora si espanderà ed in particolare si allungherà di una certa quantità, diciamo ΔL, fino a raggiungere una lunghezza finale LL. Dato che un estremo è bloccato dalla parete, l’altro estremo sarà libero di spostarsi di ΔL, senza alcun effetto meccanico sulla barra. Se invece questa si trova bloccata tra due pareti, che impediscono ad entrambi gli estremi di spostarsi, allora l’allungamento provocherà una spinta della barra sulle pareti laterali; queste a loro volta, secondo il noto principio di azione e reazione ‘risponderanno’ alla spinta con due forze uguali e contrarie che comprimeranno la barra, sollecitandola meccanicamente. L’insieme delle spinte della barra sui muri sommato alle forze esercitate dalle pareti sulla barra restituisce una risultante nulla in quanto le forze sono autoequilibrate: in altre parole un osservatore esterno non si accorge dello sforzo meccanico presente nell’asta in quanto non vede alcuna forza applicata alla barra.

I carichi geometrici dunque sono delle entità teoriche che si introducono nei modelli di calcolo, allo scopo di valutare come le azioni che perturbano la geometria della struttura ne alterino l’equilibrio meccanico.

Se il carico geometrico insiste sulla parte di struttura a contatto con il terreno, viene detto cedimento; se invece agisce su una porzione interna, allora lo si indica con il termine distorsione. Cedimenti e distorsioni possono a loro volta distinguersi in concentrati se agiscono su un unico punto, e distribuiti se invece sono applicati su una lunghezza o una superficie.

I cedimenti vengono di solito indicati in funzione della direzione lungo la quale avvengono, in relazione ad un sistema di riferimento ‘assoluto’ dove l’asse verticale è collinare alla forza di gravità e gli altri due sono ad essa perpendicolari. Si distinguono così cedimenti verticali, orizzontali e rotazionali.

Le distorsioni vengono invece classificate utilizzando un sistema di riferimento ‘locale’ cioè solidale al corpo, dove un asse giace sulla direttrice principale di sviluppo della sua geometria e gli altri due gli sono perpendicolari. Si avranno quindi distorsioni normali (traslazioni collinari alla direttrice principale), taglianti (traslazioni perpendicolari alla direttrice), flettenti (rotazioni perpendicolari alla direttrice) e torcenti (rotazioni collinari alla direttrice).

Voci correlate

La consultazione di TecnoLogica è preordinata alla lettura delle avvertenze

Ogni contributore è responsabile dei propri inserimenti.
Il progetto è opera di Luca Buoninconti © 2011-2024.

Strumenti personali